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"CLANDESTINI" IN CASA PROPRIA !

Aggiornamento: 27 mag 2020

Houston abbiamo un problema... d'identità.

Ma tranquillo Houston “soffriamo” solamente di: mutuazione situazionale di identità.

Non sto parlando di qualche patologia psichiatrica, attenzione, ma di un comportamento che tutti noi adottiamo nella nostra vita, sia io, che tu che stai dedicando del tuo tempo per leggere questa riflessione.

Significa che per definire quello che siamo abbiamo bisogno di distinguerci dagli altri, e dunque ripetere a noi stessi tutto quello che siamo di diverso da chi non è “come noi”. Anche perché se non ci si definisce da sé si verrà automaticamente definiti da qualcun altro.


In questi giorni mi sono domandata: ma noi siamo italiani perché…. ?

Ad oggi anno 2020 non mi sembra ancora chiaro il carattere principale che definisca la nostra italianità. Alla fine è una questione di identità è l’elemento che definisce chi siamo in quanto abitanti dello stesso Stato. Avremmo pur tutti qualcosa in comune, altrimenti non ci definiremmo tali!


Vediamo un pò mhh…. sarà forse la cittadinanza? Pur troppo o per fortuna non è solo questo!

In che senso!?

Bhe… seguitemi ora in questo breve excursus sulla nostra identità da prima della pandemia fino a questi giorni.


Già prima dell’arrivo del virus la situazione non era del tutto chiara. Da un lato secondo lo Stato si era italiani poiché semplicemente di tale nazionalità, perché non clandestini, perché riconosciuti dalla legge come cittadini con diritti e doveri all’interno della stessa nazione. Dall’altro però non mancavano le solite polemiche sul non voler considerare come italiane le persone che acquisivano regolarmente la cittadinanza o addirittura chi è nato e cresciuto qui, ma da genitori stranieri, semplicemente perché non di “origini italiche”.


Durante la pandemia, poi, il problema “clandestini” ha smesso di attirare a sé attenzioni, senza che comunque ci fossero le solite strumentalizzazioni del problema (fatte da un’ala politica estrema che non so nemmeno se poter definire politica). Ma torniamo a noi, come tutti voi ricorderete nei primi giorni di Lockdown si era diffusa l’iniziativa del canto dell’inno dai balconi e finestre nella maggior parte delle città italiane da Nord a Sud. In quei momenti sembrava che ci fosse un forte senso di solidarietà che per la prima volta (oltre che a quando gioca la nazionale) aveva dato la sensazione di un'unione dell’intera nazione contro il virus, quasi una riscoperta patriottica.


Tranquilli falso allarme, ci è voluto davvero pochissimo per distruggere questa bella illusione. Il tempo di una frase ripetuta per due volte in diretta televisiva da un giornalista (anche qui ho i miei dubbi se il termine gli si addica) nella quale affermava la scontata inferiorità dei cittadini del Sud Italia rispetto a quelli del Nord. Come avrete notato si è scatenata una bufera e si è riaperta quella storica frattura tra le due metà del Paese. Forse perché in fin dei conti una reale unità non è mai esistita al di là del semplice abitare nello stesso Stato. Se guardiamo nel particolare siamo un mosaico di regioni differenti, con tradizioni e modi di vivere differenti.



Ma “stranamente” ci siamo scordati anche di questo smacco ricevuto, rintracciando subito un nuovo nemico comune: un’italiana! Siete confusi? Bene… anche io!

Sto parlando di Silvia Romano (ora Aisha) e anche qui come avrete visto in ogni dove si è scatenata una bufera. Silvia era partita con una Onlus per aiutare in Kenya. Qui è stata rapita e poi portata in Somalia come prigioniera per 18 mesi da un gruppo terroristico somalo jihadista: Al-Shabaab. La ragazza è stata liberata 10 giorni fa. Ma stranamente non ha fatto tanto scalpore la sua liberazione e il suo ritorno in “patria” quanto il suo aspetto. Ebbene si perché Silvia è scesa dall’aereo che l’ha riportata a casa, con un velo verde che le copriva il capo e scendeva come una tunica sul suo corpo, simbolo della sua conversione alla religione islamica durante la prigionia. Automaticamente è stata percepita come diversa, una straniera nella sua stessa casa.

Quindi qui salta fuori un altro criterio: non bastano più solo la cittadinanza e la nazionalità per dirci italiani ma anche un determinato codice vestiario e una fede che non sia quella Musulmana! Sebbene giuridicamente il nostro Stato sia laico, per noi in qualche modo essere cattolici è ancora un tassello essenziale (per motivi storico-culturali), che caratterizza la nostra italianità!


Tutto questo ci dimostra come facilmente siamo portati a variare i criteri per determinare la nostra identità a seconda del contesto, a seconda della situazione. E’ più facile se abbiamo un nemico comune che prima erano i clandestini, poi il Covid, poi il Sud inferiore, poi una ragazza italiana convertita.


La mia conclusione è che in Italia esiste ancora un enorme abisso tra l’identità a livello giuridico e quella a livello del senso comune. Purtroppo siamo ancora lontani dalla realtà che ci circonda, una realtà che da secoli è in continuo mutamento e del quale non ce ne siamo ancora accorti!


Ma quindi sono italiana perché…. ?



Prima illustrazione: Luca Chiffi

Seconda illustrazione: Sara Chiffi

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